I Sapori della Valnerina » DOP e IGP http://127.0.0.1/saporivalnerina Gusto Umbro Wed, 27 May 2015 09:12:48 +0000 it-IT hourly 1 http://wordpress.org/?v=3.8.15 Vitellone bianco dell’Appennino Centrale IGP http://127.0.0.1/saporivalnerina/vitellone-bianco-dellappennino-centrale-igp/ http://127.0.0.1/saporivalnerina/vitellone-bianco-dellappennino-centrale-igp/#comments Wed, 02 Oct 2013 10:38:12 +0000 http://127.0.0.1/saporivalnerina/?p=188 Questa denominazione indica tre razze di bovini che per similitudine evolutiva e omogeneità delle zone di allevamento si considerano affini: sono la Chianina, la Marchigiana e la Romagnola. Le tre razze si rassomigliano sia per caratteristiche morfologiche comuni, sia nelle prestazioni produttive, in particolare nella precocità, nelle caratteristiche di accrescimento e nella resa al macello. […]

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Questa denominazione indica tre razze di bovini che per similitudine evolutiva e omogeneità delle zone di allevamento si considerano affini: sono la Chianina, la Marchigiana e la Romagnola. Le tre razze si rassomigliano sia per caratteristiche morfologiche comuni, sia nelle prestazioni produttive, in particolare nella precocità, nelle caratteristiche di accrescimento e nella resa al macello. A renderle note è soprattutto l’eccellente qualità delle loro carni, notoriamente magre, gustose e a basso contenuto di colesterolo.

Chianina, Marchigiana e Romagnola hanno una storia agricola comune che ha avuto il suo apice all’epoca della mezzadria. Si sono formate nella tipica azienda mezzadrile collinare dell’Italia centrale, dove venivano utilizzate principalmente per il lavoro nei campi, data la loro naturale robustezza (è il bovino più grande del mondo). Solo dalla metà dell’800 sono state impiegate come razze da carne. Per tutte queste affinità si è giunti nei secoli a considerarle come un unico tipo animale, Vitellone Bianco dell’Appennino centrale.
E’ il sistema di allevamento tradizionale a garantire la qualità e la tipicità della sua carne. Non si tratta di allevamenti in serie ma di piccole aziende dove il bovino è ancora oggi parte integrante delle risorse aziendali.

Tipo di prodotto
Carne bovina fresca ottenuta da animali delle razze chianina, marchigiana, romagnola, di età compresa tra i 12 ed i 24 mesi. Il bestiame deve risultare nato da allevamenti in selezione e regolarmente iscritto alla nascita nel Registro Genealogico del Giovane Bestiame.
Dalla nascita allo svezzamento, è consentito l’uso dei seguenti sistemi d’allevamento: pascolo, stabulazione libera, stabulazione fissa; in seguito, sono consentite solo la stabulazione libera e la posta fissa.
Sono inoltre controllate l’alimentazione (negli ultimi mesi è vietato l’uso degli insilati) e la macellazione (che deve avvenire, secondo norme definite, in macelli idonei nella zona di produzione).
La carne di vitellone bianco dell’Appennino centrale deve essere immessa al consumo provvista di particolare contrassegno a garanzia dell’origine e dell’identificazione del prodotto; il logo deve essere impresso sulla superficie della carcassa, in corrispondenza alla faccia esterna di 18 tagli.

Zona geografica di produzione
vitellone-bianco-igpÈ rappresentata dal territorio delle province collocate lungo la dorsale appenninica dell’Italia centrale. Più precisamente, la zona di produzione della carne di vitellone bianco dell’Appennino centrale comprende i territori delle seguenti province: Bologna, Ravenna, Forlì-Cesena, Rimini, Pesaro, Ancona, Macerata, Ascoli Piceno, Teramo, Pescara, Chieti, L’Aquila, Campobasso, Isernia, Benevento, Avellino, Frosinone, Rieti, Viterbo, Terni, Perugia, Grosseto, Siena, Arezzo, Firenze, Prato, Livorno, Pisa.

La commercializzazione di questa carne è consentita solo nei punti vendita riconosciuti dal Consorzio di Tutela del Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale, un consorzio di produttori molto attento al consumatore e che da tempo fornisce indicazioni in merito alla rintracciabilità dei bovini, dalla nascita alla macellazione. Secondo questo disciplinare la carne di Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale deve presentare il contrassegno a garanzia dell’origine del prodotto, il tipo genetico (Chianina, Marchigiana, Romagnola) e l’indicazione IGP.

 

Disciplinare

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Salamini italiani alla cacciatora DOP http://127.0.0.1/saporivalnerina/salamini-italiani-alla-cacciatora-dop/ http://127.0.0.1/saporivalnerina/salamini-italiani-alla-cacciatora-dop/#comments Wed, 02 Oct 2013 10:37:16 +0000 http://127.0.0.1/saporivalnerina/?p=186 I Salamini Italiani alla Cacciatora D.O.P. sono un ottimo prodotto da consumare sia durante il pasto che per un veloce spuntino o un aperitivo con gli amici. Piccoli, particolarmente morbidi e dal gusto dolce e saporito, forniscono un’importante quantità di proteine nobili, vitamine, soprattutto del gruppo B, e minerali essenziali come lo zinco e il […]

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I Salamini Italiani alla Cacciatora D.O.P. sono un ottimo prodotto da consumare sia durante il pasto che per un veloce spuntino o un aperitivo con gli amici. Piccoli, particolarmente morbidi e dal gusto dolce e saporito, forniscono un’importante quantità di proteine nobili, vitamine, soprattutto del gruppo B, e minerali essenziali come lo zinco e il ferro.

Il nome di questi salamini, originariamente prodotti nelle fasce collinari lombarde e poi diffusi nel resto d’Italia, deriva dalla consuetudine dei cacciatori di portarli nella propria bisaccia, sia perché facilmente trasportabili sia per la praticità della monoporzione.

Sono salametti di forma cilindrica, dalla consistenza compatta e non elastica. Al taglio, la fetta si presenta compatta ed omogenea. Il colore è rubino uniforme con granelli di grasso ben distribuiti, il profumo è delicato e caratteristico. Si contraddistingue per la particolare dolcezza del gusto, l’assenza di sapori acidi o legati a speziature e la morbidezza della masticazione.

Sono ottenuti da tipici suini pesanti nati, allevati e trasformati esclusivamente nell’area prevista dal disciplinare, di cui vengono utilizzati solo i tagli più nobili: parti della muscolatura striata e grasso della migliore qualità, che conferiscono il tipico sapore dolce.
L’insaccatura avviene in budelli naturali o artificiali di diametro non superiore a 75 mm, eventualmente legati in filza.
L’asciugamento dei salamini è effettuato a caldo (temperatura compresa tra 18° e 25°C) e deve consentire una rapida disidratazione delle frazioni superficiali nei primi giorni di trattamento, non possono comunque essere adottate tecniche che prevedano una fermentazione accelerata.
Devono essere stagionati per almeno dieci giorni in locali dove sia assicurato un sufficiente ricambio di aria a temperatura compresa fra 10° e 15°C. La stagionatura, periodo comprendente anche l’asciugamento, deve garantire la conservazione e la salubrità in condizioni normali di temperatura ambiente.

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Prosciutto di Norcia IGP http://127.0.0.1/saporivalnerina/prosciutto-norcia/ http://127.0.0.1/saporivalnerina/prosciutto-norcia/#comments Wed, 02 Oct 2013 10:36:38 +0000 http://127.0.0.1/saporivalnerina/?p=182 La tradizionale area di produzione del Prosciutto di Norcia IGP, che comprende alcuni comuni della Valnerina, disposti a un’altitudine superiore a 500 metri, come Norcia, Preci, Cascia, Monteleone Spoleto e Poggiodomo, ha finito, con il procedere della storia, per essere identificata come l’area di origine dei maestri esperti nel taglio del maiale per la preparazione […]

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La tradizionale area di produzione del Prosciutto di Norcia IGP, che comprende alcuni comuni della Valnerina, disposti a un’altitudine superiore a 500 metri, come Norcia, Preci, Cascia, Monteleone Spoleto e Poggiodomo, ha finito, con il procedere della storia, per essere identificata come l’area di origine dei maestri esperti nel taglio del maiale per la preparazione dei salumi, chiamati appunto “norcini”.
prosciutto-di-norciaNel 1997, il Prosciutto di Norcia IGP ha ricevuto l’Indicazione Geografica Protetta dalla commissione della Comunità Europea, con disciplinare di produzione modificato nel 2008.
La lavorazione del Prosciutto di Norcia, considerato il fiore all’occhiello della produzione locale, prevede che subito dopo la macellazione le cosce isolate della carcassa vengano sottoposte a refrigerazione per almeno 24 ore fino al raggiungimento di una temperatura interna fra +1 °C e +4 °C. Successivamente si passa alla rifilatura delle cosce procedendo a “squadro” con il piatto delle stesse. In tal modo la parte muscolosa oltre il “pallino” non supera i 6 cm. ed al prosciutto è conferita la caratteristica forma a “pera”. Dopo esser stato rifilato, viene salato per due volte a secco con sale marino e lasciato così per circa 15-20 giorni. Trascorsi il periodo di salagione il prosciutto viene fatto riposare per circa 3 mesi, al termine di tale periodo, il prosciutto viene lavato in acqua tiepida,  e appeso per ulteriori 3 mesi per farlo asciugare.
Dopo circa 6 mesi, si procede alla stagionatura del prodotto: viene trattato con un impasto di sugna (grasso, farina sale e pepe), poi il prosciutto viene conservato in luoghi appositamente adibiti. Raggiunti i 12 mesi viene effettuata la marchiatura I.G.P. a fuoco dei prosciutti idonei, viene rinnovato l’impasto di sugna e nuovamente lasciato a stagionare.

La commercializzazione del prosciutto tipico IGP di Norcia, in cosce del peso di almeno 8,5 chilogrammi, avviene dopo i 12 mesi di stagionatura. E’ immesso al consumo provvisto di apposito contrassegno che identifica il prodotto. Il contrassegno è costituito da un logo recante la dicitura “Prosciutto di Norcia” apposto con marchiatura a fuoco.
La designazione della indicazione geografica protetta “Prosciutto di Norcia” deve essere fatta in caratteri chiari e indelebili, nettamente distinguibili da ogni altra scritta che compare in etichetta ed essere immediatamente, seguita dalla menzione “Indicazione Geografica Protetta” e/o dalla sigla “IGP” che deve essere tradotta nella lingua del paese in cui il prodotto viene commercializzato Tali indicazioni sono abbinate al logo della denominazione. È vietata l’aggiunta di qualsiasi. qualificazione non espressamente prevista.

Al taglio, il Prosciutto di Norcia IGP si presenta di colore rosso-rosato; il suo profumo è delicato e leggermente speziato; il sapore è pieno, moderatamente sapido e dolce. Intero si conserva in cantine o locali freschi; una volta affettato è consigliabile ricoprire la parte esposta per proteggerla dall’aria e consumare le fette nell’arco della giornata.

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Pecorino Toscano DOP http://127.0.0.1/saporivalnerina/pecorino-toscano-dop/ http://127.0.0.1/saporivalnerina/pecorino-toscano-dop/#comments Wed, 02 Oct 2013 10:33:51 +0000 http://127.0.0.1/saporivalnerina/?p=179 Il pecorino toscano si prepara con latte intero di pecora pastorizzato, coagulato con l’aggiunta di caglio di vitello. La cagliata ottenuta viene rotta in grumi di dimensioni diverse, a seconda che si voglia produrre un formaggio a pasta tenera o semidura. La massa, una volta raccolta nelle fascere, viene sgrondata del siero e successivamente asciugata. […]

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Il pecorino toscano si prepara con latte intero di pecora pastorizzato, coagulato con l’aggiunta di caglio di vitello. La cagliata ottenuta viene rotta in grumi di dimensioni diverse, a seconda che si voglia produrre un formaggio a pasta tenera o semidura. La massa, una volta raccolta nelle fascere, viene sgrondata del siero e successivamente asciugata.
Liberato dalle forme, il pecorino viene sottoposto alla salatura della crosta e infine alla stagionatura: quello fresco affina per circa 20 giorni, mentre quello stagionato continua a maturare per almeno quattro mesi. Può essere trattato esternamente con un antimuffa e deve essere maturato in idonee celle ad una temperatura di 5-12° C con umidità relativa del 75-90%.

All’atto della commercializzazione questo formaggio presenta forma cilindrica di 15-22 centimetri di diametro, altezza di 7-11 centimetri e scalzo leggermente convesso. La crosta è dura e giallognola, ma talvolta anche di colore bruno o rossastro, a seconda dei trattamenti cui è stata sottoposta nel corso della stagionatura (olio, cenere eccetera). La pasta è bianca tendente al paglierino; al naso ha odore intenso, mentre in bocca è dolce se giovane, piccante se lungamente stagionato. Si conserva in ambiente fresco e asciutto, talvolta sott’olio, con l’eventuale aggiunta di grani di pepe nero.

La zona di origine del latte e di produzione e di stagionatura del formaggio di cui sopra comprende l’intero territorio della regione Toscana, l’intero territorio dei comuni di Allerona e Castiglione del Lago ricadenti nella regione Umbria e l’intero territorio dei comuni di Acquapendente, Onano, San Lorenzo Nuovo, Grotte di Castro, Gradoli, Valentano, Farnese, Ischia di Castro, Montefiascone, Bolsena e Capodimonte ricadenti nella regione Lazio.

marchiopecorino_03Il formaggio Pecorino Toscano deve recare apposto all’atto della sua immissione al consumo il contrassegno di cui all’articolo 5, a garanzia della rispondenza al disciplinare. Tale marchio viene apposto sullo scalzo della forma, ad inchiostro sul formaggio a pasta tenera ed a caldo sul formaggio a pasta semidura. Sulle porzioni preconfezionate la marchiatura viene effettuata sulla confezione, purché avvenga in zona di origine. Le forme di Pecorino Toscano destinate ad essere confezionate fuori dalla zona di origine devono riportare il logo del caseificio o dello stagionatore.

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Olio Colli Amerini DOP http://127.0.0.1/saporivalnerina/olio-colli-amerini-dop/ http://127.0.0.1/saporivalnerina/olio-colli-amerini-dop/#comments Wed, 02 Oct 2013 10:31:54 +0000 http://127.0.0.1/saporivalnerina/?p=177 La denominazione di origine controllata “Umbria” accompagnata dalla menzione geografica “Colli Amerini” è riservata all’olio extravergine di oliva ottenuto dalle seguenti varietà di olivo: Moraiolo in misura non inferiore al 15% Rajo; Leccino e Frantoio, presenti da sole o congiuntamente, in misura non superiore all’85%. Possono concorrere altre varietà fino al limite massimo del 10%. […]

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La denominazione di origine controllata “Umbria” accompagnata dalla menzione geografica “Colli Amerini” è riservata all’olio extravergine di oliva ottenuto dalle seguenti varietà di olivo: Moraiolo in misura non inferiore al 15% Rajo; Leccino e Frantoio, presenti da sole o congiuntamente, in misura non superiore all’85%. Possono concorrere altre varietà fino al limite massimo del 10%.

Zone di produzione
La zona di produzione delle olive comprende i territori amministrativi dei seguenti comuni: Calvi, Otricoli, Narni, Amelia, Penna in Teverina, Giove, Attigliano, Lugnano in Teverina, Alviano, Guardea, San Gemini, Montecastrilli, Avigliano.

Caratteristiche al consumo
All’atto dell’immissione al consumo l’olio extravergine di oliva “Colli Amerini” deve rispondere alle seguenti caratteristiche:
Colore: dal verde al giallo
Odore: fruttato medio
Sapore: fruttato con media o leggera sensazione di amaro e piccante
Acidità massima totale espressa in acido oleico, in peso, non superiore a grammi 0,65 per 100 grammi di olio
Punteggio al panel test: >=7,00
Numero perossidi: <=12
K232<=2,0
K270<=0,20
Acido oleico<=82%
Polifenoli totali>=100ppm

Abbinamenti gastronomici
Si abbina con pesce di lago, verdure bollite e carni bianche alla griglia.

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Farro di Monteleone di Spoleto DOP http://127.0.0.1/saporivalnerina/farro-di-monteleone-di-spoleto-dop/ http://127.0.0.1/saporivalnerina/farro-di-monteleone-di-spoleto-dop/#comments Tue, 01 Oct 2013 11:51:08 +0000 http://127.0.0.1/saporivalnerina/?p=107 Il farro è una pianta rustica dalla spiga affusolata, compatta e aristata con la giumella che resta aderente alla cariosside. La coltivazione si adatta bene in terreni poveri, pietrosi, collinari/montani (m. 900/1200); resiste agli inverni più rigidi, nonché a condizioni limite di aridità ed umidità; possiede un forte potere competitivo nei confronti delle infestanti e […]

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Il farro è una pianta rustica dalla spiga affusolata, compatta e aristata con la giumella che resta aderente alla cariosside. La coltivazione si adatta bene in terreni poveri, pietrosi, collinari/montani (m. 900/1200); resiste agli inverni più rigidi, nonché a condizioni limite di aridità ed umidità; possiede un forte potere competitivo nei confronti delle infestanti e maggiore resistenza alle comuni malattie dei cereali, per cui i terreni dove viene coltivato, non conoscono l’uso di diserbanti ed antiparassitari.
Per l’eliminazione degli involucri esterni è necessaria una successiva “sgusciatura” (indicata anche come “scortecciatura”, “sbramatura”, “svestitura”), inconveniente che, insieme alle basse rese, ha nel tempo provocato il quasi abbandono della coltura, proseguita solo in aree marginali. Pertanto, per il consumo alimentare, dopo la trebbiatura, il seme deve essere liberato dal suo rivestimento operazione questa piuttosto complessa tanto che, un tempo, si doveva “sfarrare” la granella frantumandola con macine di pietra azionate a mano. Anche la pulitura avveniva manualmente e con fatica, lanciando in aria il farro spezzato affinché il vento lo liberasse dalla pula. Fu solo negli anni ’70 che il sig. Renato Cicchetti, da sempre produttore di farro, riuscì a mettere a punto una macchina che sfruttava un ventilatore azionato dal motore d’una lavatrice elettrica. Nel tempo uno dei suoi figli modificò delle normali macchine da riso, riuscendo a decorticare il farro senza dover spezzare il seme.

A Monteleone di Spoleto, la semina avviene in primavera. Il farro può essere ridotto in granuli, come il pane grattugiato, ed in farina. Quello di Monteleone di Spoleto è l’unica specie di farro che non produce farina bianca, ma dello stesso colore della cariosside cioè color tabacco chiaro. Generalmente si cucina granuloso (polpette, minestre). Il Farro si può utilizzare anche in grani come il riso (supplì, piatti freddi ad insalata, gallette, farro tostato in cialde) dopo un sufficiente tempo di cottura e nello stato di farina, soprattutto per crostate, tramezzini, biscotti e focacce varie.
Il farro è uno dei più antichi cereali utilizzati dall’uomo. Esistono varie specie di farro; quella che si coltiva a Monteleone di Spoleto è la più pregiata: il “Triticum dicoccum”. La diffusione del farro nella zona di Monteleone di Spoleto è attestata anche dagli appellativi di “mangiafarre” o “farrari de San Nicola” con cui gli abitanti dei comuni vicini indicavano i monteleonesi. Quest’ultima denominazione fa riferimento al rituale del “Farro di S. Nicola” che si svolge da tempo immemorabile il 5 dicembre, nella vigilia della ricorrenza del Santo, patrono del paese.
In tale circostanza, il parroco prepara nella canonica della chiesa di S. Nicola una minestra di farro condita con sugo di magro, cotta in un grande caldaio appeso sul focolare e distribuita a mezzogiorno agli abitanti di Monteleone, a cominciare dai bambini, destinatari privilegiati, che per l’occasione anticipano l’uscita dalla scuola.
Il rituale vuole ricordare il miracolo che la tradizione attribuisce a S. Nicola che, passando per Monteleone ed impressionato dalla indigenza dei suoi abitanti, avrebbe consegnato il farro per sfamare i poveri. Proprio la permanenza di questo singolare rituale ha favorito la continuità della sua coltura a Monteleone, tanto da diventare un tratto caratterizzante di questo territorio.

prodotti_dop_farro di monteleoneLa sua qualità consiste nella scarsità di grassi e nella ricchezza di sostanze amidacee. In esso si trovano fortemente presenti: le vitamine A, B, C, E, i sali minerali, il calcio, il ferro, il rame, il potassio, il magnesio, il fosforo, il manganese ed anche proteine ed acidi grassi polinsaturi. Altra caratteristica è la ricchezza di fibre insolubili.
Tutto ciò fa del Farro di Monteleone di Spoleto, un piatto salubre, nutriente, di facile digestione, ottimo regolatore dell’intestino, rinfrescante, che non fa ingrassare pur producendo una forza rigeneratrice, vitalizzante e correttiva delle interferenze di tanti tossici.

Fonte: Comune di Monteleone di Spoleto

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Lenticchia di Castelluccio IGP http://127.0.0.1/saporivalnerina/lenticchia-di-castelluccio-igp/ http://127.0.0.1/saporivalnerina/lenticchia-di-castelluccio-igp/#comments Tue, 01 Oct 2013 11:50:37 +0000 http://127.0.0.1/saporivalnerina/?p=105 Chiamata dagli abitanti di Castelluccio “Lénta”, è il prodotto rappresentativo del paese per eccellenza. L’uso di questo legume è antichissimo, come dimostra il ritrovamento di semi in tombe neolitiche datate 3000 A.C. La lenticchia è una pianta annuale, che fiorisce tra maggio e agosto, appartenente alla famiglia delle leguminose. L’inconfondibile sapore, le dimensioni molto piccole, […]

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Chiamata dagli abitanti di Castelluccio “Lénta”, è il prodotto rappresentativo del paese per eccellenza.
L’uso di questo legume è antichissimo, come dimostra il ritrovamento di semi in tombe neolitiche datate 3000 A.C.
La lenticchia è una pianta annuale, che fiorisce tra maggio e agosto, appartenente alla famiglia delle leguminose. L’inconfondibile sapore, le dimensioni molto piccole, la resistenza ai parassiti e la coltivazione esclusivamente biologica, oggi ne fanno un prodotto ricercatissimo. Si presenta al consumo con colore variegato che va dal verde screziato al marroncino chiaro, con presenza di semi tigrati.
Viene seminata non appena il manto nevoso è completamente disciolto. Verso la fine di Luglio primi di Agosto viene raccolta. Una volta questa operazione, la “carpitura”, veniva svolta esclusivamente a mano. Affluiva manodopera dai paesi limitrofi, per la maggior parte donne, “le carpirine”, per un lavoro faticoso e lungo. Oggi si ricorre, quasi sempre, alle falciatrici meccaniche, ma comunque i ritmi e i “rituali”, obligatori, fanno della raccolta un momento di massimo impegno per i contadini del posto.
Le lenticchie vengono coltivate nei piani carsici di Castelluccio all’interno del Parco Nazionale dei Monti Sibillini, località di particolare bellezza naturalistica e paesaggistica, ad altitudini che arrivano fino a 1600 metri slm, per una superficie complessiva di circa 20 Kmq., ricadente per la parte del Pian Grande e del Pian piccolo nel comune di Norcia (PG) e per la parte del Pian Perduto nel comune di Castel Santangelo sul Nera (MC).
La lenticchia di Castelluccio possiede delle notevoli qualità nutritive: tutte le sue proteine, vitamine, fibre e sali minerali la rendono ottima per chi necessita di una dieta ricca di ferro, potassio e fosforo, povera di grassi e molto nutritiva. Un’altra caratteristica importante è la buccia sottile e tenera che consente direttamente la cottura senza ammollo, riducendo notevolmente tempi di preparazione.

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